Civita di Bagnoregio

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CIVITA DI BAGNOREGIO

Definita “la città che muore”, per i lenti movimenti franosi che ne riducono progressivamente l’estensione, Civita di Bagnoregio è un lembo di medioevo che sembra galleggiare su un paesaggio naturale suggestivo e incontaminato, caratterizzato dal dolce ondulare dei calanchi. Facente parte del club dei Borghi più Belli d’Italia è l’ambientazione ideale per il presepe vivente che lo anima tra Natale e l’Epifania, quando il paese si popola di legionari romani, esotici beduini e botteghe di antichi mestieri, il tutto alla luce dei fuochi e delle torce.

DA VEDERE

Borgo. Tutto l’insieme del piccolo borgo presenta caratteristiche paesaggistiche e monumentali di eccezionale pregio. Vi si accede da Porta S. Maria, collocata in corrispondenza di un’antica tagliata, probabilmente realizzata in epoca etrusca per permettere un accesso più agevole al pianoro della città; ai due lati della porta, ornata superiormente da un’elegante loggetta, vi sono altrettanti bassorilievi di epoca medievale rappresentanti un leone che tiene tra le zampe una testa umana.

Cattedrale di San Donato. Secondo una tradizione che per il momento non ha trovato conferma, la chiesa, cattedrale della diocesi fino al terremoto del 1695, sarebbe sorta nel V secolo al di sopra di un tempio pagano. L’aspetto attuale è quello assunto nel ‘500, quando subì pesanti rimaneggiamenti, anche se alcuni elementi romanici sono ancora individuabili tra le strutture più recenti. All’interno dell’edificio sacro si conservano un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino della scuola del Perugino e un eccezionale crocefisso quattrocentesco in legno di pero, della scuola di Donatello, ritenuto miracoloso dalla popolazione locale, dal momento che nel 1499 avrebbe parlato ad una pia donna annunciando la fine dell’epidemia di peste.

Due sarcofagi etruschi sono inglobati nella base del campanile.

Museo Geologico e delle Frane. Il Museo Geologico e delle Frane, intitolato a Gianfranco Imperatori, è collocato all’interno del rinascimentale Palazzo Alemanni, nella piazza principale del borgo. Il museo documenta la geologia del territorio di Bagnoregio, la storia e le cause dei problemi di stabilità della rupe della Civita, con i suoi processi franosi, oltre alle opere di stabilizzazione e monitoraggio che nel corso del tempo sono state predisposte per salvaguardare ciò che è rimasto dell’antico borgo, che più volte è stato dichiarato destinato a scomparire per sempre, inghiottito dalle sue balze e per questo definito “il paese che muore”.

STORIA

Antico insediamento etrusco, come dimostrano alcune tombe individuate nei suoi immediati dintorni, Bagnoregio, un tempo chiamata Bagnorea, fu sede episcopale, citata per la prima volta in una lettera indirizzata al vescovo di Chiusi Ecclesio da papa Gregorio Magno nel 599. Secondo la leggenda il suo nome, Balneum Regis ovvero “bagno del re”, sarebbe dovuto al fatto che re Desiderio si bagnò nelle acque di questo luogo guarendo da una grave infermità. Facente parte del Patrimonio di San Pietro, fu feudo della famiglia Monaldeschi di Orvieto fino al 1150 circa, quando si erse a libero comune, seppure rimanendo sempre nella sfera d’influenza orvietana.

Intorno al 1217 vi nacque San Bonaventura, secondo la tradizione consacrato a San Francesco dalla madre, per perorarne la guarigione da una gravissima malattia e quindi poi avviato alla vita religiosa; iniziò i suoi studi nel convento di San Francesco presso Bagnoregio e li proseguì poi a Parigi, dove insegnò alla Sorbona; è ritenuto il più importante biografo della vita di San Francesco, secondo fondatore dell’Ordine Francescano e proclamato dottore della Chiesa.

Nel 1318, con il permesso del libero comune, i Monaldeschi costruirono a Bagnoregio una fortezza, il castello della Cervara, che divenne la loro dimora quando pochi decenni dopo furono cacciati da Orvieto. Il biennio 1348-49 fu particolarmente funesto per la città: prima per l’epidemia di peste, che a Orvieto decimò i 9/10 della popolazione, poi per un violento terremoto che ne scosse le precarie pendici; la città continuò comunque ad essere uno dei centri più importanti della regione.

Nel 1457 gli abitanti della cittadina attaccarono e distrussero la rocca della Cervara, riuscendo così ad affrancarsi definitivamente dal dominio della famiglia Monaldeschi, che più volte aveva attentato alle libertà comunali. Nel 1494 tentarono di opporsi alle truppe di Carlo VIII che, scendendo lungo la penisola per rivendicare il regno di Napoli, avevano occupato il borgo di Rota; Civita fu allora bombardata per un giorno e una notte e infine saccheggiata. Il libero comune ebbe termine nel 1496, quando papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) impose alla cittadina un governo di Cardinali-Governatori, cui seguì nel 1612 quello della Delegazione Apostolica di Viterbo, che gli restituì gli antichi Statuti Comunali.

Il 1695 fu un anno decisivo nella storia di Bagnorea: un violentissimo terremoto causò ingentissimi danni e il crollo di una grossa parte del pianoro tufaceo su cui sorgeva la città, isolandola dal borgo di Rota, l’odierna Bagnoregio, e dando il via al progressivo abbandono di quella che oggi si chiama Civita. La cittadina tornò protagonista della storia nel 1867 quando un esercito di volontari garibaldini lasciò Orvieto, ormai territorio italiano, per tentare di occupare Viterbo, nel tentativo di liberare lo Stato Pontificio e unirlo al Regno d’Italia, contando sul sollevamento delle popolazioni locali. Invece i bagnoresi, contrariamente alle aspettative, ostacolarono l’avanzata dell’esercito patriottico al grido di “viva Pio IX”, costringendolo ad asserragliarsi nel convento di S. Francesco, dove i dragoni pontifici riuscirono infine a sopraffarli. Un sacrario realizzato nel 1891 raccoglie le ossa di tredici dei garibaldini caduti nella battaglia.

Nel 1922 alla città di Bagnorea fu restituito l’antico nome di Bagnoregio e nel 1986 la sua diocesi unita a quella di Viterbo.

Civita di Bagnoregio ha oggi solo 16 abitanti residenti. Vi si può accedere, solo a piedi e pagando un biglietto d’ingresso, attraverso il viadotto in cemento armato lungo 300 m che la unisce alla moderna Bagnoregio. E’ uno dei siti turistici più visitati del viterbese, con oltre 800.000 visitatori nel 2017.

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