Bolsena

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BOLSENA

Affacciata sulla riva del più grande lago di origine vulcanica d’Europa, Bolsena fu costruita dagli abitanti dell’etrusca Velzna, posta sulla rupe di Orvieto, costretti dai Romani ad abbandonare la rupe troppo munita della loro città d’origine per un luogo più facilmente controllabile. Luogo di miracoli, da quelli di Santa Cristina, che usci più volte indenne ai tentativi di ucciderla a causa della sua fede, la cui festa è celebrata il 23 e il 24 luglio con la rappresentazione dei misteri della santa, che mettono in scena nella piazze del paese le diverse tappe del suo martirio; al cosiddetto “miracolo di Bolsena”, quando un’ostia, di fronte ai dubbi del sacerdote che celebrava la messa, cominciò a sanguinare, dando origine alla festa del Corpus Domini, durante la quale le strade della città si riempiono dei colori e dei profumi dell’infiorata. Città accogliente e ben attrezzata per il flusso turistico, come dimostra la Bandiera Arancione concessa dal Touring Club, Bolsena vi accoglierà non solo con le bellezze artistiche e naturalistiche del suo territorio, ma anche con una ricercata cucina che vede al centro il coregone, prelibato pesce di lago.

DA VEDERE

Rocca Monaldeschi e Museo Territoriale del lago di Bolsena. Eretta nel XII secolo per proteggere i viandanti che percorrevano la via Cassia, fu ampliata e ristrutturata dalla famiglia orvietana dei Monaldeschi della Cervara, che governarono Bolsena tra il XIV e il XV secolo. Fu più volte distrutta e ricostruita, l’ultima nel 1815 quando gli abitanti stessi della città tentarono di smantellarla per impedire che cadesse nelle mani dei francesi di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone. Restaurata a partire dagli anni ’70 del ‘900, ospita oggi il Museo Territoriale del Lago di Bolsena, che illustra archeologia, storia e tradizioni del comprensorio del lago di Bolsena.

Basilica e catacombe di Santa Cristina. La Basilica sorse sopra un’antica area cimiteriale paleocristiana, poco fuori dalle mura dell’antica città romana di Volsini, dove si riteneva fossero tumulati i resti di Santa Cristina, martirizzata a Bolsena, secondo la tradizione, ai tempi dell’imperatore Diocleziano intorno al 304. Dall’edificio sacro è infatti possibile ancora oggi accedere alla rete di cunicoli delle catacombe che, per la loro articolazione e distribuzione spaziale sembrano aver effettivamente custodito i resti venerabili di un antico martire; alcune tombe risultano ancora intatte, recando epigrafi e lacerti di affreschi. Nel 1880 in una grotta sotto la Basilica, furono rinvenute le reliquie della santa, collocate dentro un’urna di marmo di epoca imperiale, a sua volta racchiusa in un sarcofago di peperino. Il rinvenimento di una moneta al suo interno sembrano collocare la deposizione nell’XI secolo a.C., quando, secondo la tradizione, la contessa Matilde di Canossa fondò la chiesa. Questa presenta caratteri romanici, con capitelli figurati, purtroppo pesantemente danneggiati alla fine del ‘700. Di grande rilievo un ciborio di VIII-IX secolo, posto a coprire il cosiddetto “altare delle quattro colonne”.

L’aspetto esteriore del santuario è invece elegantemente rinascimentale, secondo il progetto commissionato dal cardinale Giovanni de’Medici alla fine del ‘400. Fu proprio all’interno di questa chiesa che nel 1263 avvenne il cosiddetto “Miracolo di Bolsena”: di fronte ai dubbi di un sacerdote riguardo l’effettiva presenza del corpo di Cristo nell’Eucarestia, durante la consacrazione, l’ostia cominciò a sanguinare, macchiando il suo corporale e le pietre del pavimento, tutt’ora conservate in una cappella. Fu proprio in seguito a questo miracolo che pochi anni dopo venne istituita la festa del Corpus Domini.

Area archeologica. I resti dell’antica città romana di Volsini, sono immediatamente adiacenti all’area urbana moderna, in località Poggio Moscini. Sono visibili numerosi resti monumentali, tra cui le mura e i diversi edifici pubblici dell’area del foro, con strade lastricate e abitazioni che recano ancora consistenti resti degli affreschi che decoravano le pareti.

STORIA

Il lago di Bolsena riempie una depressione causata 320.000 anni fa circa, da un collassa mento conseguente alle intense eruzioni delle numerose bocche vulcaniche presenti in questo circondario, alcune delle quali identificabili nelle alture su cui oggi sorgono i paesi di Valentano e Montefiascone. Il fiume Marta è il suo unico emissario, che si getta nel mar Tirreno dopo avere lambito le città di Tuscania e Tarquinia.

Le origini di Bolsena sono da cercare nella fine dell’antica città etrusca di Velzna, posta sulla rupe di Orvieto e capitale federale della nazione etrusca: sconfitta per l’ultima volta nel 264 a.C., dopo una rivolta, le fu riservato un destino molto più amaro di quello delle sue alleate: i Romani infatti non si limitarono a confiscare una parte del suo territorio, come era accaduto per Vulci (281 a.C.) e Tarquinia (280 a.C.), ma rasero completamente al suolo la città, obbligando i suoi abitanti a trasferirsi in un luogo più aperto e più facilmente controllabile dell’inespugnabile rupe orvietana, posto sule rive del lago di Bolsena; la città mantenne lo stesso nome, che in latino diventerà Volsini. La città vide accrescere progressivamente la sua importanza soprattutto dopo la realizzazione della via Cassia, nel II secolo a.C., che univa Roma a Firenze, attraversandola proveniente da Viterbo e diretta verso Chiusi. Il poeta latino Giovenale la ricorda quale celebre luogo di villeggiatura.

Le attestazioni della presenza di comunità cristiane sono piuttosto precoci, come dimostrano le catacombe di Santa Cristina, databili già all’inizio del IV secolo d.C., e infatti si colloca già tra la fine del V e l’inizio del VI secolo a.C. la formazione della diocesi di Volsini.

Distrutta dai Longobardi tra il 573 e il 575, la popolazione si concentrò sulla rupe dominata dall’attuale rocca dei Monaldeschi, più facilmente difendibile rispetto alla città romana; nello stesso contesto, e per gli stessi motivi, è probabile che il vescovo si trasferisse sulla rupe di Orvieto, nuovamente abitata, trasferendovi la sede della diocesi.

Seppure formalmente sottoposte allo Stato della Chiesa, esercitò a lungo la sua influenza su tutto il lago di Bolsena il potente Comune di Orvieto. Nel 1281 la città fu visitata da papa Martino IV che pare, avendo occasione di gustare le anguille del lago, ne divenne talmente ghiotto da meritare un posto nella sesta cornice del Purgatorio nella Divina Commedia di Dante, con le anime vittime del vizio della gola. Le anguille di Bolsena sono protagoniste anche di un altro aneddoto, narrato da Petrarca, riferito a Benedetto XII (1334-1342), un papa del periodo avignonese: pare gli fossero state inviate in Francia delle bellissime anguille; egli, dopo averne ammirato la bellezza, le distribuì tra molti dei suoi cardinali; qualche giorno dopo, durante una conversazione con il cardinale Colonna, cadendo il discorso sull’argomento, il papa gli disse che se le avesse assaggiate prima non ne sarebbe stato così generoso nei suoi confronti, non credeva che in Italia vi fossero cibi così squisiti; al che il cardinale gli rispose che un uomo così saggio come sua Santità non poteva certo ignorare che l’Italia è superiore in qualsiasi cosa.

Nel 1328 fu messa sotto assedio dall’imperatore Ludovico il Bavaro che tuttavia non riuscì ad espugnarla. Nel 1346, nelle convulse lotte tra i diversi rami della famiglia Monaldeschi per il predominio nella città di Orvieto, Bolsena si ribellò al controllo del libero comune, la rocca fu data alle fiamme; il potestà orvietano fu tirato fuori a forza dalla sua residenza e cacciato dalla città, e l’esercito bolsenese prese ad attaccare e saccheggiare vari castelli nel contado orvietano. Nel 1348 scoppiò la peste che pare uccide nove decimi della popolazione di Orvieto e simile dovette essere l’effetto anche a Bolsena e nelle città della Val di Lago. Nel 1350 transitò da Bolsena Francesco Petrarca, in pellegrinaggio verso Roma in occasione dell’Anno Santo. In una lettera indirizzata all’amico Boccaccio narra si come, mentre stava per lasciare la città, fosse rimasto vittima di un incidente, colpito alla caviglia dal calcio del cavallo di un suo compagno di viaggio; nonostante il grande dolore e la ferita riportata, preferì proseguire comunque il suo viaggio verso Viterbo e Roma, piuttosto che fermarsi ulteriormente in quel “parvum et ignobile oppidum”.

Nel 1368, approfittando della presenza del papa nella non lontana Montefiascone, Bolsena invia un messo alla corte di Urbano V per chiedere di essere affrancati da qualsiasi forma di sudditanza e tributo nei confronti di Orvieto. La causa si trascinò per diversi anni senza che si arrivasse a una conclusione, finché nel 1375, complice una grave carestia che acuì il pesante scontento nei confronti degli amministratori dello Stato Pontificio, scoppiò in tutta la Tuscia una violenta rivolta, cui Bolsena aderì Il papa, deciso a riprendere il controllo della città, presidiata dal ribelle Prefetto di Vico, nel 1377 mandò contro Bolsena un esercito di 1.000 soldati bretoni; questi, grazie all’aiuto dei francescani del convento che sorgeva poco fuori della città che li nascosero, riuscirono ad infiltrarsi nella città e aprirne le porte al grosso delle truppe che, tuttavia, non si limitarono a occuparla, ma la saccheggiarono, dando alle fiamme numerose abitazioni, uccidendo oltre 500 cittadini e facendone prigionieri molti altri per richiederne un riscatto. Al termine della rivolta, Orvieto, che era rimasta fedele al papa, chiese che Bolsena tornasse sotto la sua giurisdizione, cosa che gli fu accordata; alla città fu inoltre imposto di abbattere le sue mura.

Papa Pio II Piccolomini, imparentato con i Monaldeschi, diventati nel frattempo signori di Orvieto e Bolsena, visitò la città tra il 1460 e il 1462, descrivendola come devastata dalle numerose guerre intestine.

Nel 1527 anche Bolsena, come altre città della Val di Lago, fu saccheggiata dalle truppe di Carlo V, i famigerati Lanzichenecchi che da lì a poco metteranno a ferro e fuoco la stessa Roma e che ripeteranno il saccheggio anche sulla via del ritorno.

La storia della città prosegue senza fatti degni di nota, governata da cardinali e prelati nominati dalla Santa Sede. Nel 1695 gravi danni fece anche a Bolsena il terremoto che fece franare una parte della rupe di Bagnoregio. Nel 1737 viene data alle stampe l’opera “Storia di Volseno metropoli della Toscana”, opera erudita di Andrea Adami, uno dei primi trattati sulla storia di Bolsena, che, seppure molto fantasiosa (la fondazione della città è attribuita al dio Vertumno), era ornata di diverse incisioni raffiguranti i resti antichi della città, oggi in parte scomparsi.

Nel 1797 furono deliberati i lavori che danneggiarono gravemente l’antica chiesa di Santa Cristina: i capitelli decorati e le colonne dell’edificio sacro, diversi uno dall’altro, e i numerosi resti antichi sparsi al suo interno parvero indecorosi ai bolsenesi dell’epoca, che ordinarono di scalpellare tutte le colonne e ricoprirle di stucco in modo da trasformarle in semplici colonne doriche tutte uguali e di sgomberare tutti i pezzi scultorei, che furono sparsi per le vie e le piazze della città.

Nel 1828 papa Leone XII le concesse il titolo di città. Nel 1860, quando la città di Orvieto fu annessa al Regno d’Italia, il vescovo preferì trasferirsi a Bolsena, rimasta nell’ambito dello Stato Pontificio, così come fecero altri cittadini orvietani per sfuggire alla leva obbligatoria. Nel 1870, infine, con Roma e ciò che rimaneva dei domini del papa, entrò anch’essa a far parte del Regno d’Italia.

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